I nostri primi 160 anni


Assemblea dei Soci presso la Sala Tilatti dell'Istituto Salesiano Bearzi di Udine

 1 dicembre 2018


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Relazione presentata dalla Consorella

 Giovanna Facchino, già Presidente del Consiglio Centrale di Udine,

per i

160 anni della Società di San Vincenzo de Paoli Udinese


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IMG-20181204-WA0025 Giovanna  solajpg(Giovanna Battistina Facchino)

A Udine giunsero nel 1858 su sollecitazione di Don Orazio Fagiani, qui giunto da Vicenza per predicare in Duomo il Quaresimale. Nella sua città aveva già conosciuto la Società di San Vincenzo e con la sua appassionata oratoria suscitò in alcune persone il desiderio di praticare la carità cristiana per superare alcuni dislivelli sociali, com'era negli auspici di Federico Ozanam.

La prima Conferenza “l'Annunziata” (Duomo) nacque il 28 marzo 1858, voluta da una quindicina di persone appartenenti alla nobiltà e alla migliore cultura dell'epoca. Per brevità ne ricordo solo alcuni: i conti Antonio di Prampero, Pietro Mantica, Nicolò Caimo Dragoni, Antonio Lovaria e due avvocati, Giovanni Polito e Antonio Zamparo, che diventarono i primi due Presidenti. Il Gruppo avendo ottenuto dall'Arcivescovo, Luigi Trevisanato, il riconoscimento ufficiale della Chiesa, stabilì di riunirsi il 6 aprile 1858 nella Chiesa della Purità a fianco del Duomo, che sarà per molto tempo la sede delle adunanze.


A peek through the open door

(Oratorio della Purità  adiacente al Duomo di Udine)


La Presidente Valeria mi ha pregata di presentarvi un breve sunto della storia della Società di San Vincenzo di Udine, che quest'anno compie 160 anni.

Saluto affettuosamente tutti i vincenziani specie, permettetemelo, coloro con cui dal 1996 al 2009, abbiamo fatto un pezzo di strada insieme, impegnandoci con passione e amicizia a portare sollievo a tutti coloro che si rivolgevano a noi per un qualsiasi aiuto. 

Abbiamo appena ascoltato con interesse il Presidente Nazionale Gianfico, che ci ha presentato la grande figura del Beato Federico Ozanam e la Società di San Vincenzo da lui fondata a Parigi nel 1833 e come le Conferenze superassero ben presto i confini della Francia; a Roma sono presenti già dal 1836.


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(Antonio Gianfico e Valeria Bellina)

Questi primi Confratelli, con un'operosa raccolta di offerte spontanee, riuscirono a  rispondere  alle  ne- cessità  più  urgenti  e,  con  l'istituzione   del  primo “Guardaroba  del  povero,”  distribuirono abiti e   mo bili di prima necessità.  Era già il tentativo di aderire al pensiero di Ozanam di non trasformare  la  carità in elemosina perché, come disse l'avv. Zamparo, “la carità  è  un pozzo d'acqua in mezzo ai deserti della vita”.   Grande è il fervore che li contraddistinse,  tan to che solo un anno dopo, 1859, poterono dar vita al la seconda Conferenza,  quella  d  San Giacomo.  La prima copriva le richieste dei bisognosi delle Parroc chie del Duomo,  Carmine,  Grazie,  San Giorgio, San Nicolò,  la seconda  copriva  le richieste  delle Parroc chie di San Giacomo, San Cristoforo, Redentore, San Quirino.  Tutte  le Conferenze  udinesi  dipendevano dal  Consiglio  Superiore di Venezia (che aveva  giuri sdizione su tutto il Veneto ed il Friuli).

Tutti i Confratelli erano attivissimi, sostenuti anche dal profondo sentimento di amicizia che li univa; insieme stabilirono di ritrovarsi l’8 dicembre per assecondare la volontà di Ozanam di mettersi sotto la protezione dell’Immacolata. Erano convinti di non dover solo rispondere alle richieste di aiuto materiale, ma anche di dedicarsi all’alfabetizzazione dei bambini poveri. Crearono quindi il Patronato per la scuola e il ricreatorio festivo.

Gli stessi Confratelli si impegnarono nelle varie attività di studio e di svago e per anni il Patronato funzionò presso la Casa dei Filippini in via della Prefettura, dove operava anche Padre Luigi Scrosoppi, proclamato di recente Santo.

Possiamo affermare che questi vincenziani seppero veramente riconoscere agli assistiti la dignità, cui ogni uomo ha diritto, poiché non si può dare per carità ciò che ad ognuno è dovuto per giustizia.

Non tutto però proseguì agevolmente, perché la seconda metà del XIX secolo fece registrare un rallentamento nell’attività dovuto al fatto che diversi nobili Confratelli, animati da spirito patriottico, raggiunsero il Piemonte per unirsi alle truppe risorgimentali e combattere per la libertà dell’Italia. Ancora più gravi conseguenze ebbe la lotta della massoneria e delle forze anticlericali che attaccavano la Chiesa per il suo potere politico. Se le Conferenze maschili si sfaldarono, più vigore presero quelle femminili (già presenti dal 1883 per volontà dell’Arcivescovo Casasola) che suscitavano minori diffidenze politiche .

Possiamo affermare che, a fine del 1800, in ogni Parrocchia ormai funzionasse autonomamente una Conferenza e che tutte riprenderanno l’attività in modo più deciso dopo la fine della prima guerra mondiale per riparare, in qualche modo, gli indicibili disastri materiali e morali di questa terra che era stata il maggior teatro del conflitto.

Si distinsero nuovamente alcuni appartenenti alla nobiltà, come il conte Mantica Nicolò (nipote di Pietro, uno dei fondatori) e, soprattutto, membri dell’alta borghesia: Adami, Peratoner, Biavaschi, Barbina, Brosadola e tanti altri che non solo diedero nuovo impulso, ma fecero nascere molte Conferenze anche fuori della città di Udine.

Nel 1932 con l’approvazione dell’Arcivescovo Mons. Nogara e l’assistenza di Mons. Biasutti si istituì la “Messa del povero” che, dapprima itinerante, trovò sede nella Chiesa di Sant’Antonio Abate, annessa all’arcivescovado e vi rimase fino al 1976 anno del disastroso terremoto, quando la Chiesa diventò deposito delle opere d'arte recuperate dagli edifici ecclesiastici terremotati.  Realizzazione ancora più valida, sempre per intervento di Mons .Biasutti e l’aiuto economico della Banca Cattolica del Veneto, fu “la Piccola Casa Federico Ozanam” per diseredati e vagabondi aperta in Via Pola nel 1939. Questa casa di accoglienza si trasferì poi in via Planis 76, diventata poi via Don Bosco 21, dove ci troviamo noi oggi: La Casa fu chiusa per inagibilità dei locali nel secondo dopoguerra.


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A causa della seconda guerra mondiale ci fu un nuovo rallentamento delle attività, che fu superato intorno agli anni 50/60 non solo con la rinascita delle Conferenze udinesi, ma anche con un ricco fiorire di quelle provinciali. Per raccogliere maggiori offerte furono creati una decina di Capitelli per una ulteriore raccolta di fondi, per poter meglio affrontare le drammatiche situazioni di povertà che la guerra e la mancanza di lavoro avevano causato.

Con l‘Opera Speciale San Camillo de Lellis inizia in quegli anni la visita agli ammalati nell’Ospedale Civile e presso il Gervasutta ed il Tubercolosario, per portare conforto psicologico e qualche aiuto economico ai più indigenti. Mi piace sottolineare anche come Padre Turoldo dei Servi di Maria, riconosciuto oggi come grandissimo scrittore e poeta, presentasse negli anni 60/70 qualche caso, particolarmente pietoso, alla Messa della Carità che da allora venne celebrata nel Santuario della Madonna delle Grazie.

La rivoluzione culturale del 1968 non poteva essere ignorata. La Società di San Vincenzo mirava soprattutto a restituire dignità alle persone attraverso il lavoro e l’inserimento nella vita sociale, per questo si faceva pressione sulle Istituzione e sulle Assistenti Sociali del Comune che solo potevano affrontare e risolvere il problema del lavoro, distribuendo attività socialmente utili.

E’ di quegli anni la nascita di un’altra Opera Speciale: “La San Giuseppe Cafasso” per l’Assistenza dei detenuti nelle Carceri giudiziarie. Sollecitati da Carlo Castelli, delegato nazionale venuto a Udine nel 1987, alcuni vincenziani: dott. Peratoner, Peresson, Mumer, il farmacista Mestroni, Marsico, iniziarono le loro visite ai carcerati. I detenuti più giovani, uscendo dalla prigione, venivano avviati alla Casa dell’Immacolata, fondata da Don Emilio De Roja, per dei corsi di formazione e lavoro, onde evitare la recidiva.

Carlo CastelliPNG     (Carlo Castelli  Torino 1924 - 1998)         

Andando   verso  gli  anni ’90,  il numero dei Confratelli fece registrare una nuova flessione, perché molti di essi   si  sono  ritirati  per l’età avanzata e non c’è stato un ricambio generazionale. Vi fu poi una condizione ostativa  esterna:  in  molte   Parrocchie  la  Commissione  Caritas   sostituì  la Società  di  San Vincenzo  pur essendoci  un  preciso accordo a livello nazionale, firmato da Mons. Damoli e dal dott. Strambi.
E’ in questa situazione tesa che nel 1996 vengo invitata a lasciare la Conferenza di San Marco  per assumere la responsabilità   del  Consiglio   Centrale,   per   la  prima   volta   affidato  a  una  donna,   in  sostituzione di un appassionato  vincenziano, Luigi Del Caldo, eletto Presidente Regionale. 
Due  situazioni   mi  conquistarono  completamente:  il  fermento  culturale  sulla  figura  e  sul  pensiero   di Federico  Ozanam,   prossimo  alla beatificazione avvenuta nel 1997, e la mutata situazione storica dell’Italia, che  da  paese  di  emigrazione  diventava   paese  di  immigrazione,   trovandosi  ad  accogliere  migliaia  di Albanesi, Kossovari e successivamente migliaia di persone provenienti dall’Africa, America del Sud, Ucraina. Mi  interpellava  più  in  profondità  il  pensiero  di Ozanam  “non camminare vuol dire cadere” ed insieme ci chiedemmo quali strumenti attivare per risolvere tanti e così complessi problemi. Dico insieme, poiché non solo i membri del Consiglio Centrale stabilirono di riunirsi una volta al mese, ma altrettanto si fece con  tutti i  Presidenti  di  Conferenza per  studiare  quali  fossero  gli  interventi   più risolutivi e con almeno 4 riunioni plenarie all’anno.

Le Conferenze ripresero forza e vigore, ciascuna scoprì le risorse del territorio in cui operava e face riferimento ai Servizi Sociali di zona, ad Enti e istituzioni, per affrontare i vari problemi, sviluppando fra di noi amicizia ed emulazione per quelle iniziative che potessero dare risultati migliori. Attraverso poi i numerosi contatti con le Cooperative Sociali riuscimmo quasi a soddisfare la sete di lavoro, grazie anche ai tanti privati che si rivolgevano al Consiglio Centrale per la richiesta di una colf o una badante. Va ricordato che proprio nel 1997 era arrivato a Udine il Banco Alimentare, il quale, pur non avendone noi alcun merito, riusciva a colmare la nostra “Borsa della Spesa”. Lavorammo molto anche con l'Ater per risolvere, nei casi più difficili, il problema della casa. Non guardammo solo alle necessità materiali, poiché accompagnammo con profonda partecipazione alcune signore albanesi alla conversione al Cristianesimo ed al battesimo dei loro bambini.

Negli stessi anni alcuni di noi, dopo aver frequentato un corso per volontari carcerari, ripresero a frequentare la prigione di via Spalato, dove un detenuto, dopo aver completato il corso di preparazione spirituale con il cappellano del carcere Don Dario, mi chiese di fargli da Madrina della Cresima, fatto che mi commosse in profondità.

Nello stesso periodo tentammo di affrontare un altro annoso problema: la mancanza di giovani. Un impulso positivo ci venne da un gruppo di ragazzi della Parrocchia di San Marco, i cui parroci prima Mons. Leandro Comelli e poi Don Gastone Candusso, amici sinceri della Società di San Vincenzo, ci affidarono questi giovani perché venissero con noi presso alcune famiglie di albanesi per stabilire contatti giocosi con i loro piccoli e soprattutto si dedicarono ad accudire alcuni ragazzi disabili. Lodevole fu la loro prestazione nei lunghi turni del Fiore della Carità al Cimitero, quelli presso la grande manifestazione fieristica “Idea Solidale”. A questa manifestazione cittadina partecipammo per circa 10 anni, ottenendo non solo un aiuto economico, ma soprattutto maggior visibilità e credibilità. I giovani si prestarono a raccogliere i viveri offerti al “Banco Alimentare” nella giornata della Colletta.

Fu un felice incontro, quello con i giovani, che ci portò anche negli Istituti Superiori Zanon e Percoto dove, a seguito di un piccolo concorso interno, premiammo con dei libri i vincitori. Molto significativo fu il fatto di inviare, a nostre spese, una studentessa, Maria Herceg, in India nel Villaggio di Olavina Halli, dove operava una suora straordinaria, Amelia Cimolino, a cui affidammo questa ragazza che desiderava fare un’esperienza di volontariato e ne ritornò entusiasta.

Testimoniammo inoltre il nostro impegno per i giovani anche con l’aiuto economico elargito a due universitari, un africano e un rumeno, iscritti all’università per la laurea in medicina, ma, con soddisfazione ancora maggiore, accompagnammo due giovani ragazze nomadi alla licenza media che consentì loro di trovane un’occupazione.

Purtroppo dopo pochi anni il gruppo giovani si sciolse perché la coordinatrice, per motivi di studio, si trasferì a Roma.

Continuò invece la nostra significative esperienza del carcere, poiché alcuni di noi, vivendo in profondità questa dimensione, sollecitarono i detenuti a partecipare al premio “Carlo Castelli” scrivendo una loro testimonianza. Da questi scritti in collaborazione con l’Accademia teatrale “Prose Furlane” venne tratta una rappresentazione “Articolo 27” che fu portata nel Carcere di Udine, in quello di massima sicurezza di Tolmezzo, nel Teatro San Giorgio, in Sala Mons. Comelli della Parrocchia San Marco e in alcune Scuole Superiori e soprattutto entrò a far parte del cartellone teatrale del Comune per l’estate 2004.

Dalla nostra presenza nel carcere scaturirono due importanti Protocolli d’intesa con l’U.E.P.E. (Ufficio Esecuzioni Penali Esterne) e con il Tribunale per l’accoglienza presso il Consiglio Centrale di qualche detenuto in fine pena, per un determinato numero di ore. Alcuni di questi detenuti sono stati aiutati nell’inserimento lavorativo nel quale ancora oggi continuano onorevolmente.

I rapporti intrecciati con il Comune e con tutte le Associazioni impegnate nel sociale ci valse l’inserimento nel progetto “Mai Solit’Udine” voluto dal Comune e che vide l’appassionato coinvolgimento di molti vincenziani, alcuni dei quali ancora oggi continuano nel loro lodevole impegno accanto ad anziani, malati, disabili.

Un ultimo momento devo ricordare: la celebrazione in Sala Aiace del 150° della nostra amata Società, a cui parteciparono il prof. Paolo Morozzo della Comunità Sant’Egidio, Ernesto Olivero, fondatore del Sermig di Torino, il frate Sandro Rotili del Monastero di Camaldoli, il noto e pluripremiato scrittore Pino Roveredo, che successivamente si avvicinò al problema carcere, diventandone il Garante Regionale    

Guidò la Tavola Rotonda il nostro Presidente Nazionale, avv. Luca Stefanini, che ci lasciò alcune significative parole: “non spaventiamoci per le alterne vicende della Società di San Vincenzo, non chiudiamoci nella lamentela del ‘siamo pochi’, perché se ogni vincenziano portasse un amico, la Società di San Vincenzo raddoppierebbe immediatamente il suo numero”.

Infatti, pur se con una flessione dei numeri,  la storia continua..….e continua al femminile con le Presidenti del Consiglio Centrale Maria Rita e Valeria.  Quindi  Buona  Continuazione.

 

Udine 1 dicembre 2018                                                                                        Giovanna Facchino


  

 

Momenti  della riunione del 1° dicembre 2018 in occasione della visita del

 Presidente Nazionale Antonio Gianfico.